Le parole “cura” e “fine vita” sembrano incompatibili per chi non conosce l’essenza delle cure palliative. Eppure, per migliaia di pazienti – oncologici e non – l’accesso a una rete di assistenza che metta al centro la persona, il suo dolore e la sua dignità, fa la differenza tra una fine solitaria e una morte accompagnata.
È questa la missione degli Hospice, strutture dedicate non solo alla somministrazione delle terapie del dolore, ma anche all’ascolto, all’accoglienza e al sostegno psicologico di pazienti e famiglie.
Secondo i dati del Ministero della Salute del 2023, solo il 26% dei pazienti oncologici siciliani ha ricevuto cure palliative prima del decesso. Una percentuale allarmante che non considera neanche le patologie croniche non oncologiche, pur spesso caratterizzate da un’altissima complessità assistenziale.
La legge 38 del 2010 riconosce formalmente il diritto all’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, ma secondo stime recenti circa il 65% della popolazione italiana non ne conosce nemmeno l’esistenza. E in Sicilia la situazione è ancora più complessa: tra mancanza di operatori, ritardi organizzativi e scarsa comunicazione istituzionale, la rete è lontana dall’essere pienamente operativa.
Ne abbiamo parlato con il Direttore dell’Hospice dell’ARNAS Garibaldi di Catania, Orazio D'Antoni, con cui abbiamo fatto il punto della situazione.
«L’Hospice è una casa – ci dice il dott. D’Antoni –. Una casa dove si accoglie, si ascolta e si cura. Ma per noi curare non vuol dire solo alleviare il dolore fisico: significa accompagnare, creare una relazione autentica con il paziente e la sua famiglia».
Il dott. D’Antoni lavora da anni nella medicina del dolore, e oggi guida un presidio che rappresenta un modello di riferimento regionale: «Nel nostro Hospice non ci sono soltanto medici e infermieri. C’è un’équipe multidisciplinare con psicologi, assistenti spirituali, operatori sociosanitari. Ogni figura è parte integrante del percorso».
Ma quali sono le criticità da affrontare? «Le risorse sono insufficienti. La legge 106 del 2021 imponeva alle Regioni di completare la rete di cure palliative entro il 2025, ma a oggi – parlo per esperienza diretta – manca un reale confronto tra istituzioni e operatori. Non conosciamo lo stato dell’arte. Noi che lavoriamo dentro l’Hospice, ogni giorno, non siamo parte attiva nei processi decisionali».
Il riferimento è anche alla legge 197/2022, che prevede la presa in carico del 90% del fabbisogno entro il 2028. Ma – ribadisce D’Antoni – «manca un terzo dei posti letto negli Hospice previsti e moltissime Unità di Cure Palliative Domiciliari non sono attive».
Il tema delle cure palliative non può più essere lasciato in fondo all’agenda sanitaria. I percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA), indispensabili per garantire uniformità e qualità nella presa in carico, restano carenti. Intanto, ogni giorno in Italia circa 540.000 persone vivono con un bisogno attivo di cure palliative e in Sicilia la mancanza di strutture è resa più drammatica dalla dispersione territoriale.
L’Hospice, con la sua visione integrata della cura, può e deve diventare un presidio fondamentale del nostro sistema sanitario. Non un luogo dove “si va a morire”, ma uno spazio dove vivere con dignità l’ultimo tratto della propria esistenza.
Tra i temi più urgenti: il ruolo delle istituzioni regionali nella ridefinizione della rete ospedaliera e il rispetto della legge 219/2017, che tutela il diritto all’autodeterminazione del paziente.
Serve un impegno collettivo, istituzionale e culturale. Perché curare, anche alla fine della vita, è un atto d’amore. E non può più aspettare.
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