
Una nuova ricerca lancia l'allarme: chi consuma marijuana sotto i 50 anni ha più probabilità di soffrire di infarto, ictus o insufficienza cardiaca.
La cannabis può mettere a rischio la salute cardiovascolare dei più giovani, anche in assenza di patologie pregresse. A dirlo è un ampio studio osservazionale pubblicato sulla rivista JACC: Advances, che ha analizzato i dati di oltre 4,6 milioni di persone con età media di 41 anni.
I numeri che preoccupano
Solo il 2% del campione analizzato risultava consumatore di cannabis, ma è proprio in questo sottogruppo che sono emersi dati allarmanti.
Rispetto ai non consumatori, chi faceva uso di marijuana ha mostrato:
un rischio 6 volte maggiore di infarto miocardico;
oltre 4 volte più probabilità di ictus ischemico;
un aumento di oltre 3 volte degli eventi cardiovascolari gravi;
rischio doppio di insufficienza cardiaca;
incremento del 50% della mortalità per tutte le cause.
Inoltre, tra i consumatori si è osservata una maggiore incidenza di obesità e depressione, rispettivamente 20 e 15 volte superiore rispetto al resto del campione.
Come agisce la cannabis sul cuore?
I meccanismi con cui la cannabis impatta sul sistema cardiovascolare non sono ancora completamente chiariti, ma lo studio suggerisce diversi possibili effetti negativi:
- alterazione del ritmo cardiaco;
- disfunzione dell'endotelio (il rivestimento interno dei vasi sanguigni);
- rilascio di citochine pro-infiammatorie;
- aumento dello stress ossidativo;
- rischio di destabilizzazione delle placche aterosclerotiche.
Tutti elementi che possono compromettere la salute del cuore, anche nei soggetti giovani e apparentemente sani.
Serve più informazione (e forse qualche etichetta)
Secondo il primo autore dello studio, il dottor Ibrahim Kamel del St. Elizabeth’s Medical Center di Boston, ci troviamo di fronte a una situazione simile a quella del fumo di sigaretta prima del celebre rapporto del Surgeon General negli USA del 1964, che portò all'introduzione delle etichette di avvertimento sui pacchetti.
«La consapevolezza sugli effetti della cannabis è ancora troppo bassa», afferma Kamel. «Serve più ricerca di base e, forse, la presenza di etichette di avvertenza sui prodotti a base di cannabis, come già accade per le sigarette».
I dati parlano chiaro
L'analisi di sopravvivenza (Kaplan-Meier) ha confermato che, nel periodo di follow-up (circa 3 anni), i consumatori di cannabis presentavano una probabilità significativamente inferiore di non incorrere in eventi cardiovascolari, rispetto ai non consumatori (P < 0,0001).
A rafforzare le conclusioni, anche una meta-analisi parallela degli stessi autori, che ha evidenziato un aumento del 51% del rischio di infarto acuto tra i consumatori (OR 1,51).
Cosa possiamo fare?
La comunità scientifica è chiamata a colmare le lacune ancora presenti nei dati, ma intanto l'informazione può fare molto.
Chi consuma cannabis, soprattutto tra i più giovani, ha il diritto di conoscere i potenziali rischi cardiovascolari.
Un primo passo potrebbe essere quello di parlarne con il proprio medico e, magari, iniziare a guardare all'uso di marijuana con lo stesso spirito critico riservato al tabacco.